Il fondatore si compiaceva nel definire il Movimento 5 Stelle “non-partito senza sedi e senza tesori”. Ma la sua creatura si rivelò partito politico vecchia maniera già nel 2018, quando annunciò la candidatura di “personalità della società civile” nelle elezioni politiche italiane. Perché?
1) Perché la decisione sulla candidatura delle “personalità della società civile” non poteva che essere stata presa d’imperio dal re e padrone, e messa in bocca al vassallo e testa di legno Luigi Di Maio;
2) Perché la scelta delle “personalità” era chiaramente tesa a massimizzare il momentaneo favore popolare. Il partito “aperto” fu l’ennesimo artificio propagandistico per spacciare il Movimento come nuovo modello di democrazia;
3) Alla candidatura di “personalità della società civile” corrispose la rinuncia ad un’organizzazione locale. Nel 2018 il carrozzone padronale che si nascondeva dietro la bandiera del Movimento 5 Stelle preferì imbarcare esterni pur di non riconoscere meriti e autorevolezza ad attivisti e gruppi locali. In altri termini: abbandono dei territori pur di tenere il partito sotto lo scacco di un verticismo assoluto;
4) La nomina di “personalità della società civile” (come se gli attivisti fossero una zavorra di banditi) era funzionale al partito romano, sottomesso ad un monarca, alla sua corte di vassalli e di feudatari locali;
5) Alla selezione delle “personalità della società civile” provvidero i feudatari locali. I miracolati dovevano formare la loro corte. Nel frattempo i feudatari contrastavano sottobanco la partecipazione nel territorio perché temevano che figure locali emergessero e gli facessero ombra. (Questa fu una delle cause principali del fallimento del Movimento nei territori);
6) La struttura partitica di stampo medioevale avrebbe dovuto trovare la chiave di volta nel tanto propagandato “vincolo di mandato” per gli eletti da inserire nella Carta Costituzionale.
La consultazione degli iscritti via web è sempre stata un velo che non riesce a nascondere né l’approssimazione propagandistica fine a se stessa del progetto Movimento 5 Stelle, né la gestione autoritaria del vertice. Dopo tanto fumo levato per anni con la favola del non-partito, alla fine del 2021 il Movimento 5 Stelle ha chiesto di accedere al contributo pubblico ai partiti politici. Il non-partito senza sedi e senza tesori vuole dallo Stato i fondi che la partecipazione gli elargiva in abbondanza. E cosa si scopre? Si scopre che non ha titolo per ricevere il contributo statale perché il suo statuto non rispetta elementari regole di democrazia interna previste dalla pur frammentata normativa italiana sul partito politico: https://www.parlamento.it/1055
Adesso che sembra assodato che il non-partito è carente di democrazia interna, (la tara che ha allontanato tanti attivisti e elettori), una domanda segue per logica: perché è stato consentito al Movimento 5 Stelle di partecipare ad elezioni? I motivi che ne impediscono l’iscrizione al registro dei partiti italiani che possono accedere al finanziamento pubblico dovrebbero valere a maggior ragione nel campo elettorale, a tutela di tutti i cittadini. E invece…
All’Italia manca un’organica LEGGE SUI PARTITI.
Andrea Pirro
L’INVENZIONE DEL PARTITO 2
In un’intercettazione telefonica del 2010 Silvio Berlusconi chiede a Nicole Minetti, igienista dentale, consigliera regionale della Lombardia, nonché ballerina di lap dance nelle cene galanti di Arcore, se sarebbe disponibile per un seggio nel Parlamento Italiano. La proposta è buttata lì leggera come un invito al bar.
Nel 2014 Beppe Grillo urla nelle piazze che devono essere gli italiani a decidere se adottare l’euro come moneta nazionale, non quattro cazzoni dei partiti.
Bastano questi due accenni per capire che il partito di Berlusconi è un’allegra brigata di persone che stanno con lui perché conviene. Il partito di Grillo è una platea ammaliata da proclami demagogici. E’ chiaro che entrambi i partiti non fanno gli interessi dello Stato Italiano: perché un partito serio non sceglie i rappresentanti del popolo per l’aspetto gradevole; perché un partito serio non illude la gente con la favola della valuta sovrana. (Chi accetterebbe di fornire oro nero in cambio della nuova cartamoneta di un Paese enormemente indebitato?).
“Sei contenta tesoro?” chiede Silvio alla Minetti nella famosa telefonata. “Sono felicissima!” cinguetta lei, ed è facile crederle perché è bello occupare una poltrona del consiglio regionale della Lombardia per diecimila euro al mese piuttosto che cacciare le mani nella bocca dei pazienti.
Andrea Pirro
MEDIOEVO ITALIANO
Dopo un periodo d’insegnamento a Parigi, il professor Enrico Letta è ritornato in Italia e subito è stato nominato segretario del PD ed eletto deputato nel collegio di Siena, in occasione delle elezioni suppletive.
(Dico: a Siena non c’era una persona degna di rappresentare i propri concittadini? Per i pidini senesi è stata una gran festa riportare in Parlamento il principino?)
Il telegiornale della RAI saluterebbe il ritorno del professore in Parlamento come un dono del cielo, perché la RAI occupata dai partiti è preposta a sciorinare il teatrino della politica nostrana ad un popolo anziano, appisolato sui divani. Ma la logica suggerisce che i cosiddetti partiti politici italiani sono signorie medioevali dove conviene obbedire. Se il feudatario ordina che Tizio deve rientrare in Parlamento, valvassori e valvassini locali ubbidiscono perché ubbidendo conservano la poltrona o una speranza di poltrona (e il PD è maestro nell’occupazione di poltrone).
E il Movimento 5 Stelle? Dopo la favola della democrazia dal basso si adegua alla struttura feudale del partito politico italiano. La proposta di accettare il finanziamento pubblico dei partiti è stata un segnale chiaro per chi ha orecchie per sentire: “Al castello mancano danari”. E 24.360 iscritti (un migliaio di persone per regione) hanno obbedito perché nessuno è sicuro che il voto elettronico sia segreto, perché nessuno vuole rischiare di finire in una lista di proscrizione.
Sia chiaro: le prime cause del medioevo italiano sono l’astensionismo, il disinteresse e lo spregio per la politica. Questo distacco provoca a cascata altri disastri: demagogia smaccata e irresponsabile per attrarre consensi; qualità sempre più scadente del personale politico. Alla RAI, un carrozzone cui non basta neppure il canone incluso nella bolletta elettrica, il compito di dare lustro a personaggi mediocrissimi e far apparire grandi forze popolari partiti che in realtà sono cordate di quattro gatti.
Andrea Pirro
IDENTITA’ E FACCIATA
Lunedì e martedì prossimi gli iscritti voteranno su un nuovo cambiamento di rotta del Movimento 5 Stelle: la proposta del presidente Conte di accettare il finanziamento pubblico dei partiti politici tramite il meccanismo del due per mille.
Commentando l’ennesima giravolta, Alessandro Di Battista ha ricordato che il Movimento è sempre stato contrario al finanziamento pubblico della politica in ossequio a quanto deciso da un referendum popolare. Di Battista ha ricordato pure che in altri tempi moltissime donazioni spontanee premiavano l’identità intransigente dei 5 Stelle.
In altri tempi ho raccolto anch’io donazioni spontanee per il Movimento, e tanta generosità mi stupiva. Sentivo che le persone erano mosse dal desiderio di partecipare ad un grande cambiamento della politica italiana.
Poi il Movimento si è rimangiato le sfide e i princìpi inderogabili, ma soprattutto si è ritirato dai territori, come se da quel fronte temesse l’invasione di truppe mediocri, di opportunisti e guastatori. Così è stata rinnegata anche la tanto sbandierata democrazia dal basso, quella che comincia con l’impegno nelle amministrazioni locali, e tanti attivisti, simpatizzanti ed elettori, hanno capito che l’identità di cui parla Di Battista era una facciata. I loro contributi sono perduti.
Io credo che il Movimento accetterà il finanziamento pubblico perché ormai prenderlo non è più una scelta, ma una necessità del palazzo.
Ma quella del Movimento è una storia vecchia. Quanti partiti sono nati, hanno usato le persone e poi le hanno tradite?
Io penso che non basti che l’art. 49 della Costituzione sancisca il diritto dei cittadini di associarsi in partiti per concorrere a determinare la politica nazionale. Una LEGGE SUI PARTITI deve delineare il partito politico come organo di partecipazione e impedirne l’occupazione. Una LEGGE SUI PARTITI deve stabilire che il limite dei due mandati in Parlamento vale per tutti i partiti ed è assolutamente ineludibile.
Andrea Pirro
GUARDANDO AGLI USA
Negli USA la campagna elettorale presidenziale è decisa dalla raccolta fondi, dalla concentrazione del consenso verso un candidato. Obama ha fatto scuola ottenendo il suo secondo mandato mediante una squadra di informatici che ha utilizzato al meglio i social.
Se è vero che quanto succede negli USA si verifica poi nella vecchia Europa, bisogna chiedersi: anche la politica italiana scivolerà verso una sorta di presidenzialismo in barba alla Costituzione?
La risposta è: dopo la meteora del Movimento 5 Stelle, sì. Perché anche i più ingenui stanno comprendendo che la promessa di essere democrazia dal basso e forza popolare dei meetup era una favola, ed è stata tradita da un pugno di persone che obbedivano a un progetto verticistico. Non è un caso che nei territori di tutta Italia le iniziative degli attivisti siano sfumate in un modo o in un altro.
Questo ignobile tradimento ha già innescato una bomba astensionista. Il M5S è stata l’ultima suggestione idealista.
Dopo, in Italia come negli USA, il 30% della popolazione andrà a votare per coalizioni, carrozzoni e vuoti simboli inventati da chiunque possieda uno straccio di notorietà. Salvini, Meloni, Renzi, Calenda, Di Maio, Conte, e persino Fedez, fanno bene a giocarsela, strapperanno un tornaconto. L’Italia no.
Andrea Pirro
Legge sui partiti: bozza di undici articoli.
IDENTITA’ DEL PARTITO POLITICO
Art. 1
Il Partito Politico è un’associazione di cittadini volta a concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. La sua attività è di interesse pubblico.
FINALITA’ DEL PARTITO POLITICO
Art. 2
Il Partito Politico persegue il benessere e il progresso della Nazione.
Art. 3
Il Partito Politico studia, elabora e decide a maggioranza la propria proposta politica. Il Partito Politico ha la responsabilità della selezione di candidati idonei al governo delle Istituzioni.
Art. 4
Il Partito Politico ha l’obbligo della chiarezza dei propri intenti, sia nei programmi economici e sociali per il Paese, sia nei temi specifici.
INDIPENDENZA DEL PARTITO POLITICO
Art. 5
L’attività del Partito Politico si fonda sul volontariato degli associati, sulla partecipazione dei cittadini, sui contributi economici stabiliti dalla legge.
Art. 6
L’elenco degli iscritti, le donazioni dei privati, la contabilità del Partito Politico, sono pubblici e accessibili a chiunque abbia interesse. La contabilità del partito deve essere certificata annualmente da un ente individuato dalla legge.
Art. 7
L’indipendenza del Partito Politico si fonda sull’avvicendamento delle cariche del partito stesso a tutti i livelli. Le cariche sono decise con metodo democratico, durano due anni e non possono essere ricoperte più di due volte dalla stessa persona.
Art. 8
Le cariche amministrative e di governo del Paese sono ricopribili per un tempo limitato: un mandato per la carica di Presidente della Repubblica, due mandati per tutte le altre cariche. I predetti limiti valgono anche nel caso che i mandati non siano stati completati a causa di eventi politici o di qualsiasi altro genere.
IDONEITA’ DEL PARTITO POLITICO ALLA PARTECIPAZIONE A ELEZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE
Art. 9
Non sono ammessi alle elezioni i partiti personali, quelli sottomessi a un dominus palese o occulto. Sono altresì esclusi da elezioni i partiti che non rispettano il dettato della presente legge, e in particolare gli artt. 4, 5, 6 e 7. Non sono ammessi alle elezioni i partiti che hanno ricevuto finanziamenti illeciti.
Art. 10
Per la chiarezza della proposta politica, e a tutela del voto consapevole, non sono ammesse alle elezioni le coalizioni di partiti, le coalizioni di liste civiche, le coalizioni di partiti e liste civiche, e ogni altra formazione politica o coalizione politica che non sia conforme a quanto previsto dalla presente legge.
STATUTO DEL PARTITO POLITICO
Art. 11
Lo statuto del partito politico deve rispettare la Costituzione, le leggi dello Stato Italiano, e in particolare la presente legge. Lo statuto del partito può essere modificato dall’assemblea degli associati. La trasgressione della lettera dello statuto rende il partito politico inidoneo a partecipare a elezioni politiche e amministrative.
Andrea Pirro
IL PARTITO VIRTUALE
Prima delle scorse elezioni Giuseppe Conte ha girato l’Italia per saggiare quanto richiamo abbia ancora la bandiera pentastellata. Nel suo viaggio ha anche incontrato pv regionali e comunali del Movimento 5 Stelle. Avrà capito che quelle persone sono isolate nei palazzi? Avrà capito che i parlamentari sono lontani dai territori che dovrebbero rappresentare? Oltretutto molti fra quegli eletti sono “personalità della società civile”, cioè estranei al Movimento, imposti ad attivisti e simpatizzanti nel 2018 con un’operazione elettoralistica che ha rappresentato il primo grande tradimento di quanti si erano spesi per la causa 5 Stelle.
Se Giuseppe Conte ha compreso queste cose, ha concluso che l’unica strada che rimane al Movimento è quella del PARTITO VIRTUALE, ossia la strada che seguono gli altri: una bandiera, proclami generici, personalità inventate da RAI e Mediaset cui spetta il compito di farle digerire al popolo bue. Zero partecipazione dal basso, come le recenti elezioni amministrative hanno mostrato.
Perché il Movimento 5 Stelle è arrivato a tradire se stesso? Perché in Italia non ci sono regole comuni per tutte le forze politiche che si presentano alle elezioni, regole che garantiscano ad attivisti e elettori che il partito persegue l’interesse nazionale e non la mera occupazione del potere, e che la sua organizzazione si fonda su un minimo di democrazia interna.
Oggi più che mai il partito politico italiano è il barcone di quattro padroni che ne traggono vantaggi e vanità. Gli italiani hanno capito questo, la sorte del Movimento gli ha confermato questo. Dunque è ineluttabile che i barconi vaghino in un mare di astensionismo.
Andrea Pirro
Dalla partecipazione all’occupazione
Qualche giorno fa, durante il blocco di WA, FB e Instagram, mi sono ritrovato a riflettere sui social e la politica. Come dimenticare la strabocchevole risposta alla promessa di democrazia dal basso del Movimento 5 Stelle? L’entusiastica voglia di partecipare faceva fiorire chat e pagine FB. Pure gli appelli alla democrazia diretta erano una suggestione potente che spingeva a darsi un’organizzazione locale. Adesso nelle chat sono rimasti in pochi a commentare la cronaca politica da spettatori, qualche vecchio attivista sembra aspettare che il sogno riparta.
Ma la politica non è spettacolo e neppure speranza. La politica si fa. La politica è confronto fra persone reali: operai con imprenditori, ricchi con poveri, liberi professionisti con impiegati pubblici, ignoranti con sapienti, affermati con falliti, fortunati con disgraziati. Nonostante le distanze culturali ed esistenziali, i cittadini devono ragionare insieme e trovare un percorso comune, difendere ad ogni costo l’ascensore sociale, cioè l’accesso alla formazione, alla cultura, alle opportunità di lavoro. E poi devono scegliere chi li rappresenti, cioè i delegati a portare avanti le idee della comunità dentro le istituzioni.
Tutto questo si chiama democrazia partecipativa, e comincia dai territori.
Qual è l’alternativa? L’alternativa è che continuino ad occupare lo Stato i partiti personali e quelli padroneggiati da piccole consorterie romane. Talvolta si sente parlare a cuor leggero di “evoluzione verticistica di un partito”. Attenzione! Nel partito verticistico le persone sono legate dalle cordate dei capibastone, e i membri delle cordate stanno al gioco se ne traggono un tornaconto, e il tornaconto non può che essere l’occupazione del potere.
I partiti italiani sono nemici della democrazia partecipativa, la avversano sottobanco perché la partecipazione implica vigilanza sulla democrazia interna del partito. Solo una LEGGE SUI PARTITI potrebbe imporre una base di democrazia dentro le forze politiche.
Io temo che ad un certo punto, perduta ogni speranza di partecipare, persino le chat taceranno, e sarà un’amara sconfitta perché mai nella storia dell’umanità i cittadini hanno avuto tanti mezzi d’informazione, confronto e mobilitazione. Purtroppo questi meravigliosi strumenti sono usati per arrivare al solito obiettivo: l’occupazione del potere.
Andrea Pirro
DEMOCRAZIA ELETTORALE
Nei giornali dello scorso settembre è apparsa la notizia dell’arresto del segretario de L’ALTRA ITALIA, il movimento politico che avrebbe presentato liste elettorali in cui figuravano nomi di persone candidate a loro insaputa, ignare dell’esistenza del movimento stesso. L’ALTRA ITALIA consisterebbe dunque in un manipolo di spregiudicati arrivisti che propagandava l’aquila tricolore come simbolo di un’associazione politica inesistente.
Se tutto questo fosse vero, L’ALTRA ITALIA sarebbe l’esempio estremo delle aberrazioni cui può giungere la Democrazia Elettorale.
Che cos’è la Democrazia Elettorale? La Democrazia Elettorale è la tendenza a ridurre la democrazia a sinonimo di elezioni. Questo fenomeno di estrazione U.S.A. si è diffuso in tutto il mondo permettendo perfino ai regimi più autoritari di darsi una parvenza democratica. Si vota in Corea del Nord, nel Myanmar, in Turkmenistan, in Sudan, in Uzbekistan. Anche i generali africani promettono elezioni dopo che compiono colpi di stato.

Nella vecchia Europa tutti dovrebbero però sapere che le elezioni non esauriscono la forma democratica di governo. La democrazia è un complesso di istituti giuridici fondato su secoli di cultura liberale. La democrazia è un patrimonio prezioso ma vulnerabile: proprio le tanto sbandierate elezioni possono essere falsate in mille modi.
L’anello più debole della democrazia sono i partiti politici, soprattutto nei paesi dove non hanno un inquadramento giuridico. In Italia questa debolezza risale al tempo dell’Assemblea Costituente, allorché fu deciso di non inserire nella Costituzione della Repubblica Italiana una norma che dettasse almeno i requisiti minimi che il partito politico deve possedere.
La deregolamentazione ha giovato alla politica italiana? L’ha preservata da interferenze con la magistratura? La risposta è sotto gli occhi di tutti: la politica italiana è uno stagno solcato da partiti personali, da partiti dominati da piccole consorterie, da “coalizioni elettorali” che quasi sempre sono alleanze di forze politiche fittizie.
Tutte forme di partito non rispondenti all’interesse pubblico, al concetto di “associazione di cittadini” sancito dall’art. 49 della Costituzione.
In questo contesto la vita politica del Paese è fortemente pregiudicata. Il cittadino onesto mette a rischio dignità e reputazione avventurandosi in politica.
Il caso de L’ALTRA ITALIA non stupisce. Nel Paese in cui alleanze fra forze politiche spesso fittizie occupano lo Stato, le Regioni e i Comuni, non è strano che qualcuno s’inventi un partito virtuale, pronto per entrare in una coalizione e partecipare alla spartizione della torta.
Questa è solo l’ultima delle storture causate dalla mancanza di una LEGGE SUI PARTITI.
Andrea Pirro
SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA
La UE condiziona il prestito del Recovery Found ad una giustizia più rapida nel nostro Paese. Così il Governo italiano è costretto ad affrontare una delle riforme-chiave che da tempo andavano fatte.
Lancio un grido: l’Italia non doveva arrivare alla riforma della Giustizia in questo modo, col cappello in mano, sotto la minaccia d’essere abbandonata al fallimento dalla UE! In queste condizioni si partoriscono mostri come “l’improcedibilità”.
Le novità introdotte dal ministro Bonafede potevano essere il primo passo di una riforma organica della Giustizia. L’impresa sarebbe stata difficile, ma poteva essere alla portata di un Governo forte degli originari 237 parlamentari del Movimento 5 Stelle.
Invece all’epoca il Movimento aveva perduto un centinaio di parlamentari, cioè coesione interna e, di riflesso, consenso nei territori che avevano eletto gli espulsi e i fuoriusciti.Il Movimento 5 Stelle mirava ad un consenso diffuso nei territori? Nel 2014 il suo Fondatore gridava dai palchi: “O noi o loro!”, “O vinciamo o torniamo a casa!” Quell’intransigenza eccitava gli attivisti, che poi si sono ritrovati al servizio delle “personalità della società civile”, ossia esterni candidati dal vertice alle politiche del 2018. L’Attore ha tagliato le gambe a candidati locali come Pizzarotti, Savia, Cassimatis. L’Attore ha usato la mano pesante coi territori e i territori sono rimasti alla mercè di partitini e liste civiche.
Senza il sostegno dei territori neppure il Governo dura e non realizza grandi riforme. Senza il sostegno dei territori il Governo galleggia sul debito e su una comunicazione compiacente. Le campagne elettorali si fanno nei territori: sembra persino stupido ricordarlo. Se il palazzo romano se ne dimentica, la debolezza nei territori è rilevata dai sondaggi, la rinfacciano gli alleati.
Ora il Fondatore guarda al 2050… come se il tempo attuale fosse perduto. Per la prossima tournée ha scritturato un promettente primattore, un pifferaio magico dall’eloquio carezzevole che acchiappa voti.
Andrea Pirro