Matteo Salvini, Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno una cosa in comune: da giovani sono stati davanti a una macchina da ripresa. Sarà un caso? Io credo di no. Sono cresciuti nel mito del mondo globalizzato: l’apparire. E’ stata quella folgorazione giovanile a portarli al professionismo dell’autopromozione. Fosse per loro, questa afosa estate di guerra, di epidemie e di elezioni, dovrebbe durare sempre perché cavalcano una cronaca che li presenta come leader di forze politiche formidabili.
La realtà è diversa: i media non sanno cosa dire su una crisi di governo disarmante, e allora ricamano sul terzo polo, su personaggi che non rappresentano organizzazioni politiche reali, radicate nei territori, come Renzi, Calenda, Salvini e Di Maio. Ma veramente si può credere che queste persone stiano discutendo di grandi riforme, magari impopolari?
La frammentazione del panorama politico può avere una sola conseguenza: nessuna delle forze politiche attuali è in grado di mobilitare un Paese che in autunno dovrà centrare difficilissimi obiettivi per ottenere il finanziamento della UE. E non saranno le “coalizioni” di professionisti dell’autopromozione a rendere concludenti i governi.
Oggi come non mai l’Italia avrebbe bisogno di una DEMOCRAZIA COMPIUTA, cioè di partiti partecipati. Ma partiti della partecipazione non ce ne sono, potrebbero nascere soltanto se UNA LEGGE SUI PARTITI fissasse condizioni indispensabili perché il cittadino possa impegnarsi in politica con dignità.
Ora che sono scomparsi i partiti ideologici, grandi partiti che dal dopoguerra hanno zavorrato l’Italia di un enorme debito, i professionisti dell’autopromozione evocano una sorta di presidenzialismo che la nostra Costituzione antifascista non ammette, pontificano sulla democrazia, ma sono i primi nemici del partito partecipativo. Perché? Per un motivo semplice: il partito partecipativo li boccerebbe. Perché, conosciuto da vicino, il narcisista mostra i suoi limiti, gli leggi in faccia che è capace di lavorare solo per se stesso.
Anche per Giorgia Meloni quest’afosa estate di guerra, epidemie e elezioni, è magica. Con la ragnatela tessuta in vent’anni di Parlamento (e di assenteismo in Aula), vede avverarsi il sogno di essere la prima donna Presidente del Consiglio in Italia. Se anche questa non è una storia di narcisismo…
Andrea Pirro