Ho sempre sentito dire che votare è un dovere da cui non ci si può esimere. Ho sempre sentito dire che astenersi è in ogni caso la scelta peggiore.
E’ così?
Rispondo che in Italia il voto del cittadino avrebbe ben altro valore se i presupposti del voto stesso fossero garantiti da una LEGGE SUI PARTITI.
I presupposti principali sono due:
la genuinità del partito politico;
la chiarezza dell’offerta politica.
Chi sono attualmente in Italia i destinatari del voto? Partiti politici, coalizioni di partiti, coalizioni di liste civiche e partiti, ecc. ecc.. Ciascun soggetto di queste compagini dovrebbe avere le caratteristiche di una forza politica attiva, partecipata, intrinsecamente democratica. Invece molti simboli sono effimeri cartelli elettoralistici che non hanno radici nella società e nei territori. E i media, soprattutto quelli di Stato, li spacciano come quintessenze di democrazia. In queste condizioni il voto diventa una commedia degli equivoci: si vota per il volto sorridente di un leader… di una coalizione di due leader… di tre leader… insomma si vota per tutto fuorché per il partito di cittadini associati che concorrono con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49 della Costituzione).
Eppure è facile comprendere che la classe politica può essere selezionata soltanto fra associati, cioè fra persone che si conoscono.
Il risultato di tutto questo è un voto simile alla corsa degli ignavi danteschi che inseguono una bandiera. I governi in carica, dopo le grandi promesse elettorali, i programmi politici dai concetti raffinati, imboccano sempre la stessa strada: quella dell’ulteriore debito pubblico, dell’imposizione fiscale più alta e macchinosa, dell’ingorgo normativo. Ma soprattutto rinviano le scelte difficili ad un Parlamento futuro. E non c’è dubbio che il governo che uscirà da queste elezioni dovrà fare i conti con il più grande debito che il Paese abbia mai avuto.
Andrea Pirro