OCCUPARE SENZA GOVERNARE

Partecipare è una naturale espressione della personalità umana. Nelle società antiche e moderne è sempre stato importante partecipare. In democrazia la partecipazione è considerato pilastro portante. Oggi internet e i social, potentissimi strumenti di condivisione, potevano attenuare o sostituire il bisogno delle persone d’incontrarsi e partecipare, invece l’hanno moltiplicato.
La partecipazione ha tante forme, tante sfumature: dal tentativo di sfuggire alla solitudine mescolandosi con la folla, al far parte di una chat di WA. Nelle società occidentali la partecipazione è un bisogno che genera business. Lo spettacolo, ad esempio, vive del bisogno di partecipare.
E la politica?
Attualmente la politica italiana è un’avventura di singoli. La scalata verso la poltrona è un business personale attraverso partiti, giornali, notorietà. Di solito l’arrivista procede tagliando le gambe a tutti gli altri (mors tua vita mea)… ma predica partecipazione. Che altro gli converrebbe fare? Ammantarsi di democrazia è posa obbligata. (Sono certo che a questo punto il lettore vede in queste parole una persona di propria conoscenza).
Il fatto è che in Italia manca il partito della partecipazione, mentre fioriscono i partiti personali, oppure dominati da una ristretta cupola. Eppure l’elettorato italiano, per quanto deluso dalla politica, per quanto malato di astensionismo, attribuisce alla partecipazione un gran valore. In tante persone sopravvive (per fortuna) l’aspirazione a dire la propria. La partecipazione alla vita politica del Paese non può esaurirsi col voto.
Io sostengo che è indispensabile una LEGGE SUI PARTITI, una legge che imponga severe regole a tutela di una dignitosa partecipazione del cittadino all’attività del partito politico. Già ora il partito politico ha responsabilità stabilite dalla Costituzione. L’art. 49 della Carta dice che coloro che concorrono a determinare la politica nazionale devono essere degli associati, e i soci secondo il diritto italiano hanno precisi diritti. Quindi già ora la Costituzione prescrive che il partito non può promettere partecipazione senza attuarla.
Senza una LEGGE SUI PARTITI sembra inevitabile che in Italia l’astensionismo si diffonda sempre più finché non si arriverà al paradosso che in un Paese democratico la classe dirigente sarà eletta da un’esigua minoranza fatta di clientele che votano per il proprio tornaconto. E forse il paradosso è già realtà in ambito regionale.
I governi eletti da una minoranza possono occupare il potere, ma non governare. Distribuiranno oboli, faranno demagogia, ma non avranno mai la forza di varare le riforme incisive che servono all’Italia.

                                                                                         Andrea Pirro

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