In questi giorni tristissimi circola sui social una rassegna di dichiarazioni su Vladimir Putin rilasciate da Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e altri. La rassegna parte dal 2010, anno in cui Berlusconi definiva Putin “Un dono del Signore”, continua con gli elogi sperticati di Salvini. Anche Giorgia Meloni, Maurizio Gasparri, Daniela Santanchè, Beppe Grillo e Alessandro Di Battista si esprimono con rispetto nei confronti dello zar russo. Giorgia Meloni fa i complimenti a Putin per la sua quarta rielezione e dice “La volontà popolare è chiara”. La Meloni è convinta che il sistema elettorale della Russia sia trasparente e competitivo? Non è al corrente di assassinii di giornalisti e di avversari politici? Che altro crede la Meloni? che gli oligarchi russi siano fenomenali manager giustamente pagati a peso d’oro?
In questi giorni tristissimi ho sentito Maurizio Gasparri commentare l’invasione dell’Ucraina in televisione. Gasparri era uno di quelli che celebrava Putin, lo considerava grande, grandissimo: “Avercene uno così in Italia!” diceva. Adesso lo definisce “autocrate”. Questa parola “autocrate” mi suggerisce una riflessione. L’autocrate secondo il vocabolario è un sovrano assoluto, uno che non ha nulla a che vedere con la democrazia… perché tanta ammirazione per un dittatore che in ventidue anni non ha liberato la Russia dalle tare della povertà, dell’impero e del comunismo? Uno che vuole ottenere con la guerra la supremazia che non ha saputo creare con l’economia?
Le dichiarazioni della rassegna appartengono a gente che occupa seggi in Parlamento da decenni… Maurizio Gasparri da trent’anni… trent’anni!… la Meloni da sedici… la Santanchè da venti… Salvini è stato eletto alla Camera dei Deputati nel 2018, ma prima ha fatto il parlamentare europeo per undici anni. Lo zio Vlad è il padrone di un paese suddito d’imperatori fin dal 1500, con la sola parentesi della Rivoluzione d’ottobre, ma i signori italiani come fanno ad essere inamovibili? Qual è il trucco? Chiunque abbia fatto un pochino di politica sa che dentro il partito, dentro tutti i partiti politici, c’è concorrenza: come mai, elezione dopo elezione, la candidatura di quei signori non è messa in discussione?
La risposta a queste domande può essere una sola: i capi politici italiani, sotto sotto, sono autocrati come lo zio Vlad. Per loro il partito è il teatrino da cui pontificare e lanciar proclami, il piccolo impero che gli assicura la poltrona. Loro sono i primi a pensare che Russia Unita, il partito del grande, grandissimo Putin, sia finzione.
Una LEGGE SUI PARTITI dovrà spazzare via il teatrino dei piccoli autocrati italiani.
Andrea Pirro