Ultimamente i media pubblicano volentieri notizie e commenti sul tema “partito politico”. In passato i telegiornali non si permettevano di frugare “dentro” le forze politiche, davano per scontato che il partito fosse interprete di una volontà popolare. Adesso l’approccio all’argomento è critico, certamente ispirato dalla straordinaria parabola del Movimento 5 Stelle che nell’arco degli ultimi quindici anni è diventato la prima forza politica italiana.
A proposito di partito, le cronache di questi giorni seguono le indagini sulla Fondazione Open e le anticipazioni del libro di Enrica Sabatini, Lady Rousseau, di prossima uscita. Nel primo caso c’è l’ipotesi del reato di finanziamento illecito alla politica, nel secondo una precisa rivelazione: nelle ultime elezioni politiche del 2018 le candidature del Movimento 5 Stelle furono decise arbitrariamente da un gruppo di sodali, in barba allo statuto, in barba ai proclami iperdemocratici.
Comunque vadano a finire, queste vicende mostrano che il partito è un patrimonio fragile, come è fragile la democrazia in generale. Il dettato dell’art. 49 della Costituzione della Repubblica Italiana: i cittadini che si associano per concorrere a determinare la politica nazionale, è bello ma non basta. Il partito è esposto alle prevaricazioni di gruppi segreti, alle interferenze di finanziatori e lobbysti, e ad altre insidie.
Tu che ti sei iscritto ad un partito e hai scoperto che è una carrozza fatta per altri e tu puoi servire tutt’al più come portatore di voti o attacchino di manifesti: che fai? smetti di votare?
Io credo che sia un errore farsi da parte. Chi si unisce alla massa degli astensionisti rafforza la posizione di coloro che usano il partito per sé, per sistemare gli amici, fare clientela e occupare la poltrona più a lungo possibile. Tutti insieme dobbiamo chiedere a gran voce una LEGGE SUI PARTITI, una legge che fissi regole che impediscano che il partito sia la carrozza dorata di un istrione e della sua banda bassotti.
Andrea Pirro