Prima delle scorse elezioni Giuseppe Conte ha girato l’Italia per saggiare quanto richiamo abbia ancora la bandiera pentastellata. Nel suo viaggio ha anche incontrato pv regionali e comunali del Movimento 5 Stelle. Avrà capito che quelle persone sono isolate nei palazzi? Avrà capito che i parlamentari sono lontani dai territori che dovrebbero rappresentare? Oltretutto molti fra quegli eletti sono “personalità della società civile”, cioè estranei al Movimento, imposti ad attivisti e simpatizzanti nel 2018 con un’operazione elettoralistica che ha rappresentato il primo grande tradimento di quanti si erano spesi per la causa 5 Stelle.
Se Giuseppe Conte ha compreso queste cose, ha concluso che l’unica strada che rimane al Movimento è quella del PARTITO VIRTUALE, ossia la strada che seguono gli altri: una bandiera, proclami generici, personalità inventate da RAI e Mediaset cui spetta il compito di farle digerire al popolo bue. Zero partecipazione dal basso, come le recenti elezioni amministrative hanno mostrato.
Perché il Movimento 5 Stelle è arrivato a tradire se stesso? Perché in Italia non ci sono regole comuni per tutte le forze politiche che si presentano alle elezioni, regole che garantiscano ad attivisti e elettori che il partito persegue l’interesse nazionale e non la mera occupazione del potere, e che la sua organizzazione si fonda su un minimo di democrazia interna.
Oggi più che mai il partito politico italiano è il barcone di quattro padroni che ne traggono vantaggi e vanità. Gli italiani hanno capito questo, la sorte del Movimento gli ha confermato questo. Dunque è ineluttabile che i barconi vaghino in un mare di astensionismo.
Andrea Pirro