“Una grande festa della democrazia, un grande successo di partecipazione. Supereremo ampiamente il milione di voti”. Così Enrico Letta ha commentato le primarie per eleggere il nuovo segretario del Partito Democratico.
“Grande festa della democrazia… successo di partecipazione… un milione di voti…”… Se si presta attenzione alle parole, ci si rende conto che Letta cerca di far passare un’operazione propagandistica per quintessenza di democrazia. (La scelta del segretario è importante, dovrebbe essere frutto di un largo confronto all’interno del partito. Ma primarie aperte possono avere questa base?)
Il PD è stato il primo partito a indire consultazioni popolari, poi anche il Movimento 5 Stelle l’ha fatto, introducendo votazioni degli iscritti via web. In un primo momento queste “aperture” hanno suscitato interesse, sono parse giusti appelli al civismo. Sembrava che i partiti dicessero: “Se non partecipi, se non t’impegni tu per primo, che cosa puoi pretendere dalla politica?” Ma l’entusiasmo è durato poco. Si è capito che sporadiche consultazioni sono fumo. Nel Movimento 5 Stelle, poi, gli interventi d’imperio dei vertici, le voci di risultati truccati, hanno rotto l’incantesimo.
L’assenteismo elettorale ha ripreso a correre, la gente si è sentita tradita senza sapere esattamente perché. Ma quella delusione ha ragioni molto serie: uno dei capisaldi della democrazia è che i passaggi elettorali non fanno di per sé democrazia (anche in Corea del Nord si bandiscono elezioni). Parimenti le consultazioni dei partiti, aperte o chiuse che siano, più o meno pilotate dall’alto, non soddisfano il dettato costituzionale. Secondo l’art. 49 della Costituzione i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente nei partiti per concorrere a determinare la politica nazionale. Gli associati nel partito hanno innanzitutto questa prerogativa, non sono numeri cui chiedere dei sì o dei no, non sono personale da adibire a manovalanza elettorale, folla per riempire le piazze.
Frattanto avanza un presidenzialismo strisciante, l’idea insidiosa che un comandante supremo riesca dove i partiti falliscono. Si affermano partiti simbolici, fatti di un leader e dei suoi cortigiani.
In questo contesto non può che continuare a crescere l’assenteismo elettorale dei delusi dalla politica e dei tanti che non credono al trionfalismo di Enrico Letta.
Io penso che sia sbagliato credere che la democrazia sia un patrimonio acquisito, un certificato di buon governo che il Paese possiede. La democrazia è una conquista quotidiana, esposta com’è alle vanità personali, agli interessi di potenti, di lobbies e malavitosi. La democrazia è un arduo progresso civile. Pertanto il vero democratico non demorde e si batte per il prossimo passo avanti della democrazia. Ed è evidente che in Italia quel passo avanti deve essere la tutela della partecipazione popolare alla politica attraverso una LEGGE SUI PARTITI che tolga la politica dalle grinfie di partiti personali, privi di reale partecipazione, e la restituisca a cittadini di buona volontà.
Andrea Pirro